Il nido anarchico

"E' faticoso frequentare i bambini.

Avete ragione.
Poi aggiungete:
perché bisogna mettersi al loro livello, abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.
Ora avete torto.
Non è questo che più stanca. E' piuttosto il fatto di essere obbligati a innalzarsi fino all'altezza dei loro sentimenti. 
Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.
Per non ferirli."
(Janusz Korczak: "Quando ridiventerò bambino", Lumi Editrice)


Tutti i genitori che passano a chiedere informazioni da noi vengono invitati a leggere il nostro modello educativo. E anche chi porta il proprio curriculum, chi viene a fare tirocinio, chi passa a curiosare e basta. Non è che non ci siano regole. E' che non sono le "solite" regole. Non le decidono gli adulti. Sono i bambini che le insegnano a noi. Se un bambino ha sonno, lo fa capire. si mette giù e in poco tempo dorme. Spesso senza bisogno di ciuccio né di altro. Se ha fame non  lo devi pregare di stare seduto composto, è troppo occupato a mangiare. E per fare prima capita anche che usi il cucchiaio. E che lo usi bene.
"I bambini che escono dalla vostra scuola non sanno stare seduti" E' vero (ma non sempre), com'è vero che l'altro giorno sono venute due maestre di una materna comunale che ci volevano conoscere perché "i bambini che vengono da qui sono così solari, curiosi, desiderosi d'imparare...". Nella nostra cultura siamo abituati all'idea che i bambini debbano essere educati a fare o a non fare. Che debbano imparare a comportarsi e a rispettare le regole, che diventino presto degli adulti in miniatura. E che gusto c'è? I bambini sono dei grandissimi maestri. Ma bisogna ascoltarli, stare a guardare. Lasciarli essere oltre che lasciarli fare. Ormai a noi che lavoriamo in questo modo sembra ovvio, ormai per noi è "normale". Ma gli sguardi e i commenti perplessi in cui mi sono imbattuta negli ultimi giorni mi hanno fatto riflettere un po'. E allora mi sono ricordata di com'era la ragazza che dieci anni fa ha iniziato a fare il lavoro che faccio. Di quali erano le lenti attraverso le quali guardavo il mondo dei bambini. E' un po' come quando metti delle lenti chiare e sembra che c'è il sole o scure e sembra notte. Non è quello che guardi a cambiare, ma il come lo guardi. Anch'io pensavo che il segreto fosse capire i bambini per mostrargli come avrebbero dovuto comportarsi e fare in modo che lo facessero. Una specie di coercizione dolce, una "piccola prepotenza a fin di bene". Ora capisco quanto il mio sguardo fosse deformato dai luoghi comuni, dalla poca conoscenza e da una certa dose di presunzione, riassumibile più o meno così: "in quanto adulto, io so cosa è meglio per te". Ora sono convinta che, in quanto adulto, io devo ascoltare. I bambini sanno, anche quando non sono in grado di esprimerlo. Il nostro compito è tradurre. Mi spiego meglio: un bambino sa di avere bisogno di qualcosa, ma non sa di cosa oppure non sa come chiederlo. Magari ha sonno e si tocca un orecchio. Bene, l'osservazione ci aiuterà a decodificare il suo messaggio e a tradurlo per lui. " Sei solo un po' stanco,vedrai che con un pisolino starai meglio" Questo processo, applicato costantemente e a trecentosessanta gradi, permetterà all'adulto di conoscere il piccolo di cui si prende cura, e al piccolo di associare ciò che sente a ciò che può farlo stare meglio.Lo guiderà verso l'autonomia emotiva, con la certezza di avere sempre a disposizione una mano a cui aggrapparsi in caso di bisogno. Le esigenze di un essere umano cambiano in continuazione, e le variazioni sono legate a fattori di ordine emotivo, sociale, fisiologico. Per questo è importantissimo sapere di cosa ha bisogno fisiologicamente un bambino in una determinata fase, quale atmosfera respira in famiglia, quali aspetti dell'ambiente e del contatto con coetanei e adulti possono aiutarlo o inibirlo. I bambini che arrivano al nido a pochi mesi di vita, hanno bisogno soprattutto di contatto fisico. Di contenimento, di sicurezza, di coccole. Soprattutto se non hanno ancora conquistato la posizione seduta. ma come si fa allora a garantire a tutti le giuste attenzioni? Con un (bel) po' di pratica e qualche prezioso alleato, come ad esempio le fasce porta-bebè. Chi ha bisogno si accoccola lasciando però le braccia e il viso dell'educatrice a disposizione degli altri. E allora può capitare che in classe si stia così:



E può capitare che a qualcuno venga sonno prima del previsto e si addormenti così:


Il nido è un luogo di accoglienza, altrimenti perché si chiamerebbe così?!? Spesso ci facciamo incastrare dallo stereotipo per cui la scuola in generale sia un luogo di "formazione". A mio avviso né la scuola né tanto meno  il nido dovrebbero avere questo scopo. Come il corpo della mamma si modifica per fare spazio al piccolo e permettergli di venire alla luce, così il nido, la scuola, la società, dovrebbero adattarsi ai piccoli per metterli nella condizione di vivere tutte le fasi del loro sviluppo in modo ricco ed appagante. Siamo noi a doverci inchinare, non loro a stiracchiarsi sulle punte per essere più alti. Non dobbiamo insegnare ai bambini come diventare grandi, loro questo lo sanno già. E' scritto nel loro DNA. Che noi lo vogliamo o no, ogni cosa ha il suo tempo. Ogni bambino un giorno sarà in grado di camminare, parlare, mangiare da solo... Noi possiamo solo fare spazio intorno a loro perché stiano più comodi mentre seguono il loro percorso. E guardarli avidamente, perché spesso saremo noi ad imparare. E non impareremo certo a fare qualcosa, quello che insegnano i bambini è quasi sempre un modo di essere, una predisposizione dell'animo e del cuore.


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